Dry brining: il test definitivo

Dry brining: il test definitivo

Il dry brining, una moda o una tecnica efficace per migliorare le nostre bistecche alla griglia?

Innanzi tutto: di cosa si tratta? Nulla di particolarmente complicato:

  • Si tratta di salare la bistecca ore prima della cottura nelle stesse quantità con cui la saleremmo nel piatto.

Tutto qui. Molto semplice, no? Ma perchè dovremmo farlo? La convinzione della vox populi è che salare la carne prima di cuocerla fa uscire i succhi dalla carne rendendola stopposa. Sarà vero? Decisamente no. Vediamo il perchè.

In modo molto sintetico vediamo cosa accade alla nostra bistecca dopo averla salata:

  • In qualche minuto compariranno dei liquidi sulla carne (ed in questo momento i tradizionalisti staranno esultando)
  • Passata quache ora però tali liquidi saranno totalmente spariti dalla superficie della bistecca che l’avrà completamente riassorbita… insieme ovviamente al “nostro” sale! (BOOM!)

Che cosa è successo quindi?

Con parole da non chimico: cospargendo la superficie della carne con il sale, come tutti sanno, faremo fuoriuscire acqua dall’interno: il sale allo stato solido è troppo “grosso” per entrare tra le molecole proteiche della carne e quindi attrarrà in superficie  l’acqua. Lui stesso però venuto a contatto con l’acqua arrivata in superficie nella prima fase si scioglierà per natura ed una volta raggiunto lo stato liquido verrà riassorbito dalla struttura della nostra bistecca. All’interno della carne continueranno ad interagire con le molecole d’acqua delle fibre andando a modificare la struttura dei succhi interni (ne diminuiranno la tenacità ed apporteranno sapidità)

Ok, questa è scienza. Ok fidarsi, ma in pratica? Meglio non prendere per oro colato nulla e provare direttamente!

TEST

Ho preso due bistecche analoghe (cube roll argentino, spessore tre dita abbondanti, poco frollato: due settimane).

Un pezzo l’ho lasciato intonso ( sotto a destra); l’altro l’ho ricorperto con fiocchi di Sale biologico di Cervia (sotto a sinistra):

Lasciati una notte in frigo (il dry brining si può fare lasciando in frigo la carne anche 24 ore) ho passato poi entrambe le bistecche in forno per la “classica” tecnica del reverse searing (vedi qui i dettagli: LINK).

Forno a 55 gradi, ventola accesa e ciccia in forno fino ai 50° C al cuore…

Passaggio veloce sulla brace rovente e griglia di ghisa fino a formare una crosticina croccante e saporita…

 

Scaloppata sul tagliere e servizio al tavolo cercando di contemplare i gusti di tutti i commensali che per loro natura hanno gusti e livelli di cottura desiderati differenti…

Conclusioni

La bistecca trattata in dry brining è risultata saporita al punto giusto (non solo in superficie), più succosa internamente e con il tessuto connettivo decisamente meno tenace.

Va detto che l’utilizzo di carne maggiormente frollata favorirebbe la possibilità di raggiungere analoghi risultati o addirittura migliore e quindi il dry brining potrebbe non generare differenze rilevanti, ma a parità di tempi di frollatura il dry brining può fare davvero la differenza e consentire di raggiungere risultati in termini di sapore, succosità e tenerezza senza paragoni.

Suggerimento finale? Provare per crederci non grazie agli occhi ma grazie alle vostre papille gustative!


2 commenti su “Dry brining: il test definitivo”

  • 1
    Giuseppe il s! Rispondi

    Ciao complimenti per l’articolo ma quindi su una bistecca frollata la tecnica del dry brining esalterebbe ma di poco il sapore mentre la vera differenza è sulla carne fresca?

    • 2
      Stefano Castellari il s! Rispondi

      Esatto Giuseppe!

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