Cosa fate con la cenere!

Cosa fate con la cenere!

Negli anni ho scaricato tanta cenere  nell’orto che  il livello del suolo si è sollevato di dieci centimetri… è invece di insalata produce… fenici!!!

Dopo la morte di Silente (vedi Harry Potter) Fanny (la fenice) ha traslocato nel mio orto e mi controlla, appollaiata sul melograno, quando faccio la grigliata!

 Vediamo di capire meglio cos’è questa cenere!

La cenere è  il residuo solido della combustione del carbone, una polvere finissima di colore grigio, quasi bianco.

Nella tradizione la Befana lascia del carbone, al posto dei regali, ai bambini che si sono comportati male durante l’anno, ed è anche  associato al segno astrologico del Capricorno, come porta fortuna.

L’uso del carbone per la produzione di energia è, a livello globale, uno dei  principali fattori dell’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre, che è la principale causa del effetto serra e del riscaldamento globale.

Fondamentalmente ci sono due tipi, il carbone fossile ed il carbone vegetale.

Il carbone fossile si è formato centinaia di milioni di ani fa  dalla morte di alberi giganti e la loro successiva degradazione.

E’ un combustibile pronto all’uso, viene estratto da miniere a cielo aperto o sotterranee, e associato alla “rivoluzione industriale” (seconda metà del 700), ancora oggi un quarto dell’elettricità a livello mondiale viene prodotta utilizzando il carbone.

La composizione chimica esatta della cenere varia a seconda del particolare tipo di combustibile da cui ha origine, e della temperatura di combustione.

Essendo molto ricca di sali minerali la cenere di legna è un ottimo fertilizzante per piante di ogni specie: in virtù di questa proprietà si è sviluppato un modo di coltivare la terra sottraendola alla foresta vergine tramite l’incendio di una parte della stessa, causando disboscamenti sistematici in diverse parti del mondo.

Il carbone vegetale, chiamato anche carbone di legna o anche carbonella, è un combustibile che nasce da un processo di carbonizzazione, ovvero la combustione della legna in presenza di una parte molto piccola di ossigeno, per evitare che il fuoco si spenga, ma nello stesso tempo  sufficiente a “consumare” la catasta di legna trasformandola in carbone.

Bene, ora che abbiamo capito cos’è la cenere e l’abbiamo prodotto con i nostri dispositivi!

Cosa ne facciamo?

Premesso che il carbone fossile (che noi non impieghiamo nei nostri barbeque) dovrebbe essere smaltito in discarica perché contiene metalli potenzialmente pericolosi per la salute (cromo, nichel, piombo, cadmio alluminio ecc), vediamo cosa farne della cenere prodotta dal carbone (vegetale) o dalle bricchette.

La cenere è un ottimo fertilizzante per l’orto, e anche consentito dal agricoltura biologica, non è adatta alla concimazione di piante “acidofile”.

Se la combustione è completa e pulita, da un quintale di legna ricaverete due kg di cenere da usare come concime, logicamente quantitativo variabile in funzione del tipo di combustibile.

In Italia la distribuzione sul suolo di ceneri di combustione non è consentito (D.Lgs.22/1997) perche considerate smaltimento di rifiuti.

Comunque ogni comune adotta, in attesa di una legislazione regionale o nazionale, i propri sistemi e classificazione dei rifiuti finalizzati alla raccolta differenziata.

La maggior parte dei Comuni che raccolgono la frazione umida dei (RSU Raccolti Solidi Urbani) richiedono di includere le ceneri spente di legno in tale frazione, finalizzate alla produzione di compost.

A questo punto la nostra scelta è fra:

  • Concimare l’orto
  • Usarla per produrre  il compost
  • Smaltirla come rifiuto “umido”

Un consiglio, accendete sempre meno bricchette e trovate il limite (minimo) nei diversi tipi di cottura! 

Non sarà soltanto risparmio, ma… soddisfazione a livello di tenerezza e succosità!

 

 

 

Orata improvisata!

Partiamo da lontano!

Vi racconto delle migliori orate che ho mangiato.

Correva l’anno, cerco di annodare i ricordi… 1985 o giù di li!

Se avete letto il chi sono del blog, forse vi ricordate che sono appassionato (anche) di vela e subacquea.

In quel anno organizzai una gita in barca a vela per fare immersioni al Isola di Capraia (arcipelago Toscano)una delle isole Italiane più belle in assoluto.

Ero lo “skipper” della barca, e l’Istruttore subacqueo responsabile delle attività. Siamo partiti un venerdì sera, mancava poco per uscire dalla primavera ed approdare nell’estate. L’inizio di un giugno calduccio!

La barca, un 12  metri noleggiato aveva più anni dei miei, ma, anche se non comoda (confrontata con gli standard attuali) ci sembrava una reggia!

Partiti dal fiume Arno. Eravamo in 5, l’unico “marinaio” ero io, sono stato al timone tutta notte, unica compagnia uno dei ragazzi che soffriva il mal di mare, molto triste come compagnia.

Mare leggermente mosso, vento leggero, una cinquantina di miglia marine, 10 ore di traversata, arrivati presto al mattino. Sbarcati a fare colazione la mia “compagnia” della notte precedente dichiarò che MAI sarebbe risalito in barca, e che tornava a casa il giorno dopo con il traghetto. Nel giro di poco tempo trangugio  una quantità incredibile di te al limone, il che le valse l’appellativo di “cinquecentotè” che resiste ancora oggi!

Ma come mai vi racconto di cinquecentote, perchè era ed è un appassionato di pesca, chiesta una canna in prestito e dal molo del porto, che detto fra parentesi era molto diverso del attuale, si consolo pescando.

Quando tornammo in porto verso sera, con una fame da lupi,  aveva preso parecchi saraghi.

Problema: come li prepariamo?

In barca non c’era nulla di adatto, e nemmeno combustibile per cuocere (non era previsto preparare dei pasti).

Allora “brainstorming” (Metodo decisionale, in cui la ricerca della soluzione di un dato problema è effettuata mediante sedute intensive di dibattito e confronto delle idee e delle proposte espresse liberamente dai partecipanti).

Soluzione: due a cercar legna secca negli scogli, uno in ferramenta a comperare fil di ferro (per confezionare due griglie per tenere fermo i pesci) uno ad acquistare condimenti e beveraggi, e l’ultimo (io) a cercare pietre o mattoni adatti ad appoggiare la griglia in un piccolo spazio appena fuori del molo del porto, allora si poteva!

Purtroppo non ho fotografie per documentare la storia, allora si usavano ancora i rullini (molti di voi non sapranno nemmeno cosa sono) e le poche foto le ho ancora in diapositive (ho accumulato parecchi centinaia in tanti anni) in attesa di essere digitalizzate.

Mia moglie dice che non lo farò mai!

E sono propenso a darli ragione!

La ricetta:  aperti (con un coltello da sub) e sviscerati, lavati con acqua di mare, asciugati, e all’interno un po di sale, prezzemolo e fette di limone! 

Tre giri di cottura, quattro saraghi alla volta (la griglia era piccola) e girati soltanto una volta.

Il legno raccolto, secco e duro fece delle brace spettacolari e profumate, oggi vorrei sapere che legno era, non mi ricordo il tempo di cottura perchè avevamo fame, forse per quello non li bruciammo!

I termometri tanto utili allo scopo di stabilire il punto di cottura perfetto, erano ancora da venire, e comunque se c’erano già, noi non se conoscevamo l’esistenza!

Morale del racconto, forse la stanchezza,  la fame, gli amici o il vinello fresco (Capsula Viola, al quale mi sono affezionato e bevo ancora oggi con il pesce), i saraghi erano eccezionali ! 

 

Qualche appunto di biologia marina per i curiosi, ma se non leggete non mi offendo!

L’Orata appartiene al philum (Termine usato nella classificazione zoologica per indicare la categoria sistematica superiore) dei Cordati (la corda dorsale  è un organo che negli animali detti cordati è presente in almeno una fase della vita. Funge da sostegno per altri organi e per i muscoli, e nei vertebrati rappresenta una forma da cui poi origina la colonna vertebrale).

Al subphilum dei Vertebrati, alla classe degli Osteitti (comprendente specie con scheletro più o meno ossificato, all’ordine dei Perciformi (comprende circa il 40% di tutte le specie di pesci esistenti ed è il più grande ordine dei vertebrati),  ed alla famiglia  dei Sparidi (Famiglia comunissima nel mediterraneo, per lo più di comportamento gregario).

Possiedono una unica pinna dorsale munita di raggi spinosi. La bocca è piccola, posizionata verso il basso del capo ed è dotata di robusta dentatura con evidenti incisivi e meno evidenti canini e molari.

L’orata è un pesce dal corpo ovale con la testa appiattita, si distingue dalle altre specie di sparidi per la fascia dorata, da cui prende il nome, molto evidente sul capo. Sul margine superiore dell’opercolo c’è una grande macchia bruna, la colorazione del dorso è grigio chiaro, e i fianchi sono argentei con strisce brune e giallastre alternate.  Si nutre di molluschi e crostacei che riesce a triturare grazie a sviluppati denti molariformi, ma si ciba anche di alghe e si riproduce in autunno ed in inverno. Riesce a volte a superare i 5 chilogrammi di peso, arrivare ad un lunghezza massima di 70 centimetri e vivere in alcuni casi fino a 20 anni. Vive lungo la fascia costiera, in prevalenza su fondali sabbiosi a profondità che raggiungono anche 100 metri, è diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo.

Questa specie è oggetto di allevamento intensivo ed estensivo, in acque marine e salmastre, difatti l’orata viene ampiamente allevata in tutta la nostra penisola principalmente in Alto Adriatico, in Toscana e in Sardegna, nelle valli, in vasche ed in mare aperto.

 

 

 

 

La combustione!

La combustione.

Il triangolo del fuoco.

Il fuoco ed il fumo sono manifestazioni visibili della combustione, i gas prodotti sono solitamente poco percepibili.

Per far si che avvenga la combustione (fuoco in parole povere) e necessario che ci sia una presenza concomitante di tre elementi: il combustibile, il comburente e l’innesco!

Se manca uno degli elementi del triangolo del fuoco il processo non si sviluppa, o si spegne.

Il combustibile può essere di varia natura.

Nel nostro caso può essere: legna, carbone, carbonella, bricchette, pellets ecc.

Il comburente e solitamente rappresentato dal ossigeno presente nel aria con una percentuale del 21% circa.

L’innesco e l’energia che consente l’avvio della reazione fra comburente e combustibile. Può essere una fonte di calore, una scintilla ecc.

Una volta che il processo della combustione è stato avviato prosegue per auto sostentamento, ovvero grazie al energia che rilascia la combustione stessa.

In genere la combustione avviene solitamente in due modalità:

  • Come combustione controllata, per esempio nei dispositivi che usiamo per cuocere.
  • E incontrollata, come per esempio un incendio.

Per spegnere un fuoco si può agire in tre modi:

  • Togliendo il combustibile.
  • Togliendo l’ossigeno.
  • Raffreddando (si ferma la reazione di auto innesco). 

L’esperimento della candela birichina (se avete figli piccoli si divertiranno imparando).

Materiale necessario: una candela (piccola), un fiammifero, un piattino, un bicchiere di vetro.

Appoggiate la candela sul piattino, accendetela, e chiedete al bambino se, secondo lui, esiste un modo per spegnerla senza soffiarci su. Vi dirà di no… invece se coprite lentamente la candela con il bicchiere la vedrete spegnersi.

La combustione va avanti fintanto che al interno del bicchiere c’è ossigeno, una volta che la fiammella ha consumato tutto l’ossigeno si spegnerà!

Come si produceva il fuoco anticamente:

Sostanzialmente ci sono due procedimenti:

  • Di natura meccanica: sfregando due legnetti, uno duro ed un altro più morbido si genera il calore necessario per innescare la combustione.
  • Di natura fisica: percuotere una pietra focaia o pirite: minerale che produce scintille se percosso con l’acciaio, di colore oro si confonde facilmente con il metallo prezioso; in modo di generare scintille che vengono dirette verso un materiale facilmente infiammabile.

Si può usare per accendere un fuoco anche una lente d’ingrandimento o una qualsiasi lente che concentri i raggi solari. Mano ferma e pazienza.

Prodotti della combustione.

Se la combustione avvenisse in modo perfetto ovvero completo si produrrebbero soltanto:

  • Biossido di carbonio (CO2 – anidride carbonica). Ritenuta uno dei principali gas serra presenti nella nostra atmosfera. Indispensabile per la vita e la fotosintesi delle piante.
  • Acqua

Nella realtà i sottoprodotti della combustione contengono altre sostanze:

  • Monossido di carbonio (CO), gas inodore e insapore, velenoso, prodotto da combustione in difetto d’aria. Molto affine con le molecole di ferro (4) contenute nel emoglobina presente nei globuli rossi, che sono deputate al trasporto dell’ossigeno alle cellule, affinità 200 volte superiore all’ossigeno, ed è questa la ragione dell’intossicazione (solitamente mortale) in ambienti chiusi dove è presente una combustione. Morale della favola, non usate dispositivi di cottura in ambienti chiusi!
  • Ossidi di zolfo e di azoto, inquinanti atmosferici prodotti dalla combustione di combustibili fossili (carbone) o derivati del petrolio.
  • Idrocarburi policiclici aromatici, prodotti come sopra. (non si formano nelle cotture a bassa temperatura)

Tutte sostanze che dipendono dalle condizioni della combustione, per esempio temperatura, miscelazione fra aria e combustibile, natura del combustibile, presenza di impurezze ecc.

Un po di storia!

I miti antichi ci raccontano che il fuoco ha origine divina, e per questo che gli uomini “rubano” il fuoco agli dei, ci sono numerose varianti a questo furto ai loro danni, la più nota è quella di Prometeo nella mitologia greca. 

Curiosità: per che la fiamma va verso l’alto?

Una fiamma e formata da un insieme di molecole di gas incandescente. Essendo calde le molecole si allontanano l’una dal altra, diventano cosi meno dense rispetto al gas freddo e di conseguenza più leggere, per questo motivo le fiamme salgono verso l’alto!

Conoscere significa crescere, questo articolo vuole essere un piccolo aiuto per migliorare le nostre cotture  sia alla griglia che al barbeque!