Il pane e la pizza ieri, il pane e la pizza oggi

Che il pane sia simbolo di vita, civiltà e condivisione è ormai assodato, soprattutto in ambito religioso.
Il concetto trova la sua estremizzazione più felice nel panorama gastronomico italiano: esistono (o perlomeno esistevano) lungo tutto lo stivale oltre 250 tipologie di pane, con oltre mille varianti.

In tempi di povertà costituiva spesso l’unico pasto della giornata; il Sud è ancora oggi la terra del pane di grosso formato, cotto magari nella propria abitazione e che doveva durare più giorni, più facile inoltre da trasportare nella lunga traversata fino al posto di lavoro.
Al contrario, nel Nord la maggiore urbanizzazione permetteva di trovare forni più vicini, con il conseguente diffondersi di pani più piccoli da consumarsi in giornata.

Fidatevi quando vi dico che ascoltare i racconti degli appassionati professionisti del settore è appagante e in qualche modo romantico: il pane è spesso e volentieri l’aggettivo qualificativo dell’uomo stesso nel corso della storia, e ogni Michetta, Cafone o Carasau è intriso di interessanti aneddoti sull’evoluzione della civiltà.

Il pane nel mondo
Le varietà di pane

Passando alla focaccia, viaggiando di regione in regione è facile trovarsi di fronte a centinaia di nomenclature possibili (fugassapuccia e schiacciata sono le più note) e tantissimi sono modi di prepararla a seconda della regione: con una salamoia dolciastra in Liguria, con impasto di patate e topping di pomodorini e olive nere in Puglia, “sciocca” in Toscana, con i ciccioli, con l’uva, e via, verso l’infinito e oltre.

Le mie focacce
Qui si gioca in casa, con alcune delle mie focacce: Schiacciata Toscana con patate, Focaccia di Patate con Olive, Focaccia dolce alle Pesche, Rustica allo Stracchino, Focaccia al formaggio tipo Recco e Spianata genovese ai sette cereali

Ancora, percorrendo da nord a sud la penisola è possibile trovare decine di pizze differenti, ognuna basata su una radicata tradizione: dalla tonda napoletana alla teglia romana, dal tegamino piemontese alla pizza gourmet, fino ad arrivare al tanto discusso canotto.

Le pizze italiane
Napoletana, romana, in teglia e alla pala: voi quale preferite?

Nulla di strano: che la cultura gastronomica italiana sia una delle più varie e vivaci non è affatto un segreto, specialmente quando si parla di simboli ed emblemi, come lo sono ormai la pasta e la pizza per il nostro paese.
Avremo sicuramente modo di divertirci a parlarne quando sarà tempo.

Oggi però la standardizzazione delle procedure, l’industrializzazione e l’abuso di alcuni concetti hanno contribuito a creare una debilitante confusione, alimentando la disinformazione in maniera alquanto fastidiosa: vale per la carne, per i grassi animali, per il biologico e per tutto ciò che riguarda la panificazione.

L’innaturale evoluzione che questo panorama ha avuto negli ultimi decenni non è affatto di alcun aiuto al settore; da 250 tipi di pani si è passati oggi alla diffusione di una scarsa decina, complice anche del fatto che le diete più insulse ne demonizzano il consumo, senza distinguere tra prodotti di qualità e i panini di 3 cm di diametro che la sera potrebbero tranquillamente sfondare il pavimento cadendo dal tavolo.

Per non parlare della pizza; la cultura povera napoletana prevedeva dell’impasto condito con pomodoro e pochissimi altri ingredienti, piegato a portafoglio e servito in un cartoccio. La diffusione dei più disparati topping ha fatto perdere importanza alla pasta, delegandola a ruolo di contenitore di patatine fritte, panna, kebab, salse e (Dio ci salvi) della stramaledetta ananas.

Lo stravolgimento della pizza
L’esorbitante stravolgimento del concetto di pizza in Italia e nel Mondo

Soprattutto al nord molti aprono una pizzeria senza cognizione di causa e come ultima spiaggia per guadagnarsi da vivere, non per passione. Tale pratica ha iniziato a riempire anche i piccoli paesi di locali gestiti da inesperti, impegnati in una sanguinolenta guerra dei prezzi a discapito della qualità.

Chi ci rimette in tutto ciò siamo noi, i consumatori che non sanno più distinguere tra una pizza fatta bene e una realizzata con farine da cantiere, che pensiamo che i lieviti facciano abitualmente festa nel nostro stomaco, ma soprattutto che caschiamo nelle mode, facendoci infinocchiare dalle nuove aperture che vantano forno a legna, lievito madre e 48 ore di lievitazione, tutte pratiche ottime SE E SOLO SE chi le applica è davvero in grado di farlo.

Negli ultimi anni per fortuna un manipolo di esperti (di VERI esperti) è uscito allo scoperto allo fine di far cultura, di condividere il vero senso del pane e della farina, di sconfiggere i pregiudizi, i luoghi comuni e la disinformazione, e lo ha fatto con i mezzi più rapidi e universalmente a disposizione di tutti: internet e la televisione.

Ad oggi il malcontento politico ha abituato la gente a vedere complotti ovunque; se si parla male e pubblicamente di un ingrediente, di una persona, di un metodo o di un prodotto qualunque si tende a dar retta alle voci, demonizzando e generalizzando all’infinito. Quando un professionista mostra invece il proprio lavoro e ne condivide la passione e le nozioni basilari si urla alla strumentalizzazione, alla falsità, allo scopo di lucro e allo stravolgimento di prodotti della tradizione.

Gabriele Bonci, Renato Bosco, Simone Padoan, Gino Sorbillo, Alessandro Lo Stocco, Salvatore, Francesco e Ciro Salvo, Enzo Coccia, Ciro Oliva e Franco Pepe per la pizza, Davide Longoni, Piergiorgio Giorilli e Massimo Grazioli per il pane, la famiglia Marino, Filippo Drago o i ragazzi della Viva, la nostra farina è: per i cereali; senza persone di questo calibro oggi non staremmo vivendo un periodo di rivoluzione nel mondo della panificazione.
Mettere sullo stesso piano un appassionato del proprio lavoro con un qualsiasi imprenditore interessato al semplice guadagno è uno dei motivi per cui oggi non solo non riusciamo a fidarci di nessuno, ma sputiamo in faccia anche a chi ritrova (finalmente) un po’ meritato successo.

Gabriele Bonci
Gabriele Bonci: panettiere, pizzaiolo, uno dei più grandi e influenti maestri

Mi sembra quindi d’obbligo una premessa che faccia focalizzare al meglio l’obiettivo di questo blog.

La linea tra il consumatore e il panificatore è e deve essere sottilissima; non si può partire a fare il pane in casa senza la consapevolezza di cosa sia un buon prodotto, di come si può riconoscere una buona pizza ed un buon pane, e soprattutto senza restituire il giusto valore alla figura del pizzaiolo e del panettiere.

Il mio primo interesse sarà quindi quello di fare luce sulle basi, ove possibile, e smontare pregiudizi e luoghi comuni, per mettere tutti sullo stesso piano in questo lungo viaggio verso la sperimentazione.

Massimo Grazioli
Esilarante, appassionato e nostalgico: Massimo Grazioli, scomparso lo scorso luglio, è stato uno dei panettieri più influenti e conosciuti del Nord Italia

Vi racconto una storia, che sicuro sarà capitata a gran parte di voi e a chiunque si sia messo per la prima volta a fare la pizza in casa senza prima farsi un paio di domande.

Si, ovviamente si è verificata anche in casa mia anni or sono, quando il me tiepido e pargolo decise di fare un tentativo insieme a suo padre.

Pinco Panco questo weekend ha voglia di cambiare, e per una volta decide di non comprare la wurstel e patatine alla “Da Mario – Ristoria Pizzorante” e di farsela da solo.
Acceso il PC, googla “Ricetta pizza” e clicca sul primo, allettante risultato: “Pizza facile e veloce, come in pizzeria”.

Potrei sparare a caso su dosi e ingredienti e indovinare il 90% delle ricette che troverete online o sui pacchi di farina del supermercato.

Ingredienti per 4 persone:
-1 kg di farina
-1/2 litro di acqua tiepida
-25g di lievito di birra
-10 grammi di sale

Preparazione:
Mischiate tutti gli ingredienti in una ciotola. Spolverate un piano liscio e lavorate l’impasto fino a formare una palla. Coprite con un canovaccio e lasciate lievitare due ore fino al raddoppio.
Stendete l’impasto con il mattarello aiutandovi con della farina, e trasferitelo su una teglia antiaderente. Condite con della passata di pomodoro e con della mozzarella tagliata a cubetti, e infornate a 200 °C per circa 20 minuti.

“Facilissimo, e ci vogliono solo due ore!” esclama Pinco Panco.
Si reca al supermercato, ma davanti allo scaffale delle farine si trova spiazzato: oltre alla solita 00 Barilla che ha sempre usato c’è una quantità svariata di altri prodotti, ma la ricetta specifica di quale farina utilizzare. Così si fa ingolosire da un pacco con scritto “Farina magica per pizza – provare per credere!”.
Del resto c’è scritto “per pizza”, più facile di così si muore.
A casa impasta, e dopo chilotoni di farina riesce a creare una palla grezza, che copre con uno straccio.

I problemi iniziano durante la stesura: la pizza si ritrae, si attacca al mattarello e al piano, tirando si strappa, e la strana pellicola che si è formata sull’impasto si spezzetta lasciando evidente traccia. Pinco Panco porta comunque la pasta sulla teglia, condisce e la inforna.
Dopo circa 20 minuti ottiene un prodotto basso, con la crosta bianchiccia, la farina ancora attaccata al fondo, il pomodoro stracotto e la mozzarella bruciacchiata.
“Beh l’aspetto c’è, ricorda quella di Mario.”
Ne taglia una fetta, la assaggia, e prova sollievo: la pizza è ottima, forse quasi più di quella della pizzeria.
“Ammazza se riempie però, un paio di fette bastano.”
Altra vittoria; in sole due ore è riuscito a fare una pizza buonissima e, dopo averne congelata una parte, è addirittura a posto per due settimane.

Pizza Sbagliata
“Ottima, meglio di quella di Mario!”

Quanti di voi l’hanno vissuto in prima persona?
La mia mano, come già annunciato, è già alzata.

Avremo tempo di correggere gran parte di questa storia, dal tipo di farina da usare in relazione al prodotto finito da ottenere, alla quantità di acqua, lievito e sale, ai tempi di maturazione e lievitazione, alla stesura (a meno che non lo usiate per la pasta fresca, gettate il mattarello dalla finestra, grazie!) e alla cottura con i mezzi casalinghi.
Il fatto che siamo/siate circondati da pizzerie di scarsa qualità non significa che una mattonella biscottata preparata in due ore con della “magia” in pacchetti da un chilo sia un qualcosa di riuscito.
E nemmeno di salutare, visto il senso di gonfiore dopo solo due fette.

Vi farò ricredere sul fatto che quella tristissima Margherita che tutti ordinano solo quando sono senza idee, se realizzata con criterio e con la giusta materia prima è IN ASSOLUTO la miglior pizza che potrete mai mangiare.

MargheritaTesauro
La spettacolare Regina Margherita di Giovanni Tesauro, in arte Giovapizza

Per questo mi sento di darvi il primissimo consiglio: osservate i grandi maestri, non una, non due, ma tantissime volte.
Ascoltateli, seguite le loro tecniche, e non fermatevi al primo; in cucina, come in tutto nella vita, non si finisce mai di imparare, ma bisogna essere al contempo umili.
Per trovare la propria via, la propria tecnica, il proprio stile, acquisire una cultura variegata è senz’altro la cosa migliore. La panificazione è una pratica che richiede tempo, amore e pazienza, ma soprattutto esercizio. Il modo migliore per imparare è quello di osservare chi è capace.

E dopo il primo, arriva anche il secondo consiglio: imparate a fare la spesa, usate il vostro tempo con coscienza e, se possibile, cercate di tornare al concetto ormai morente di “mercato”, quando si parlava con il fornitore, si chiedevano consigli e si puntava alla qualità, non al prezzo: se una farina costa 10 centesimi al chilo e un’altra ne vale 4 euro un motivo ci sarà, e anziché gridare “al ladro” forse è bene farsi un paio di domande, soprattutto a riguardo del cibo e, conseguentemente, della propria salute.

Vale qui come per la carne priva di grassi, i siluri di mozzarella, la passata di pomodoro liscia e vellutata o tutti i prodotti “senza”.
L’artigianale, quello vero, è quasi sempre la miglior garanzia di qualità e sicurezza, ed il modo più sano e naturale di investire i propri soldi.

Mulino Marino
La famiglia Marino al completo. La loro farina artigianale molita a pietra naturale è una delle migliori garanzie in fatto di acquisto

Terzo ed ultimo consiglio: la panificazione è un mondo stupendo, appassionante e creativo, e la soddisfazione di veder crescere il proprio impasto, di sentire il “canto” del pane allo scorrere del coltello, di sfornare una fragrante pizza o addentare una morbidissima focaccia genovese è impagabile se tutto ciò viene dalle proprie mani.

Tuttavia è un amore che richiede tempo, comprensione e dedizione per essere coltivato; se siete sempre di fretta, se non avete momenti da dedicarvi, o se pensate che basti mischiare quattro ingredienti perché sia fatta la vostra volontà, vi fermo subito: la panificazione, probabilmente, non è il vostro mondo. Rischiereste di impazzire per chiudere l’impasto, di rimanere con le mani piene di un’ingestibile poltiglia collosa, o ancora di tirare e strappare pezzi di pasta e di litigare per staccarla dalla teglia una volta cotta.

L’inferno insomma, non certo il paradiso del pane, e non è quello a cui vorrei prepararvi.

PaneTritordeum
Una delle ultimissime soddisfazioni personali: il pane con farina di Tritordeum, cotto in un semplicissimo forno casalingo

Leggete un po’ qua, e ditemi come vi suona quest’altra storia.

Pinco Panco questo weekend ha in mente una nuova idea per della pizza in teglia romana, e vuole al tempo stesso provare un nuovo mulino di cui ha sentito un gran bene.
Fa un paio di calcoli, e carta e penna alla mano scrive le dosi che vuole sperimentare:

Ingredienti per tre teglie 30×40:
-1 kg di farina di tipo 1 “Viva, la nostra farina è:”
-850ml di acqua
-5g di lievito di birra fresco
-25g di sale integrale

Prende l’impastatrice e versa la farina facendo girare piano per mescolarla; poi scioglie il lievito in poca acqua fredda e la versa nella vasca insieme al 60% circa di quella prevista, facendo amalgamare gli ingredienti; aggiunge quindi il sale e aumenta gradualmente la velocità, fino a che l’impasto non risulta liscio e si stacca bene dalle pareti, chiudendolo a 24 gradi circa. Un paio di rigeneri in vasca, e trasferisce il tutto sul piano dove alterna qualche ciclo di piega per dare forza alla pasta. Dopo un ora a temperatura ambiente trasferisce il tutto in un recipiente capiente almeno il triplo del volume e leggermente oliato, che chiude ermeticamente e porta in frigorifero per 24 ore.

Trascorso il tempo toglie dal frigo, forma 3 panetti che ripiega nuovamente; terminata la lievitazione di tre ore a temperatura ambiente stende l’impasto con poca semola rimacinata di grano duro e una leggera pressione dei polpastrelli, e lo trasferisce in una teglia di ferro blu. Condisce con dei pelati San Marzano frantumati a mano  leggermente salati e Olio Extravergine di Oliva e inforna a 280 °C sul pavimento fino a doratura del fondo, poi sforna e termina con altro pomodoro, Fiordilatte di Agerola, Parmigiano Reggiano e basilico fresco.
Sforna e fa riposare due minuti su una griglia rialzata mentre la irrora con altro olio.

La sensazione al gusto è ineguagliabile: una crosta leggermente croccante e una nuvola di leggerezza all’interno, fragrante e leggero e scioglievole al palato.
Il bilanciamento del topping è perfetto, e la pizza è talmente leggera che riesce a finirsi un’intera teglia senza risultare in alcun modo gonfio o appesantito.

Che ve ne pare?
Tutt’altra cosa vero?
E scommetto che vi è anche venuta fame, come è successo a me.

Sancho
La meravigliosa Margherita in teglia romana della Pizzeria Sancho, a Fiumicino

A portarmi ad aprire questo blog e a scrivere di panificazione è stata senza dubbio la mia grandissima passione per questo mondo, che coltivo ormai da anni, oltre alla voglia di condividere e sperimentare con una grande famiglia.
Ma è necessario, per questo viaggio, che i presupposti alla pratica casalinga siano ben saldi.
Non sono certo un esperto, né mi vanterò mai di esserlo; il mio obiettivo sarà sempre e solo quello di condividere quella parte di conoscenza acquisita e i miei umili risultati con chi vorrà ascoltare, nell’ambito del più sincero spirito critico.

Insieme ritroveremo la perduta importanza per gli impasti, per i differenti cereali, per la macina a pietra naturale e per la materia prima in generale; impareremo a fare una spesa consapevole, a demonizzare non più il pane bensì le truffe dei finti biologici o degli integrali ricostruiti; scopriremo quale farina e quale lievito sono più adatti ad ogni tipo di prodotto da forno; metteremo in chiaro l’importanza della maturazione, e sconfiggeremo i luoghi comuni sulla lievitazione; sperimenteremo insieme le diverse cotture casalinghe, con i supporti adeguati e alle giuste temperature; lasceremo perdere le ricette, e impareremo invece a crearcele da soli.

Curiosi?

Bene, allora non mi resta che ri-darvi il mio benvenuto su Pulp Movie House e augurarvi buon viaggio, perché questo, amici miei, è solo l’inizio.

3 Replies to “Il pane e la pizza ieri, il pane e la pizza oggi”

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