Il Chimichurri, l’oro degli asadores

La preparazione del chimichurri

Circa un anno fa siamo stati invitati ad un pranzo presso il Podere di Binse di Fagnano Olona (VA), una splendida azienda agricola del varesotto specializzata nell’allevamento del Bovaro del Bernese.
I cuochi dell’evento erano due simpaticissimi asadores argentini, CachoLuis, che hanno sfamato un esercito di carnivori con salamelle, costine di maiale, pollo e pancia di vitellone; lunghe griglie distanti qualche spanna da un letto di brace uniforme, un calore quieto e costante tenuto a bada da periodici refill di carbone presi con la pala da un mezzo barile metallico, una semplice (ma mai banale) preparazione di sale e pepe fatti aderire alla carne con dell’olio di oliva, e una cottura diretta bassa di circa 3 ore con continuo mopping a base di olio.
Un risultato a dir poco eccezionale: se gli Stati Uniti sono il regno delle indirette Low&SlowHot&Fast, i sudamericani sono senza dubbio tra i migliori a esaltare i benefici della diretta.

Cacho al lavoro al Podere di Binse
Il buon Cacho cura un modesto quantitativo di carne per l’Asado argentino. Foto del Podere di Binse.

Non furono tuttavia le principali preparazioni a stupirci quel giorno, ma una salsina di accompagnamento servita ad ogni tavolo, il Chimichurri, che ancora non avevo avuto modo di assaggiare.

Lasciatevi dire che l’impatto è stato a dir poco stratosferico: una complessità aromatica chiara e distintiva, ingredienti freschi e decisi che si sposano perfettamente con preparazioni di questo tipo, nelle quali si punta ad esaltare le caratteristiche principali della materia prima senza utilizzare rub complessi o salse per la laccatura. Continue reading “Il Chimichurri, l’oro degli asadores”

Come riconoscere una buona pizza

Verace Pizza Napoletana

Se parlare di un buon pane vi sarà parso più intuitivo e schematico, vi assicuro che trovare per la pizza la stessa linea guida può non essere così immediato.
Nonostante si abbiano infatti oltre 250 tipologie di pane in Italia, avete visto come poche ma peculiari caratteristiche siano oltremodo sufficienti a raggruppare prodotti di qualità.

Per la pizza tale discorso non può essere applicato.
Questo perché nella decina di stili che il nostro paese ospita vengono utilizzate dosi, tempi, maturazioni, stesure e cotture differenti a tal punto da non poter affrontare ad un metro di giudizio universale.

Ad esempio, è impensabile usare lo stesso criterio al tatto per attestare la buona riuscita di una tonda romana e di una napoletana: la prima è famosa per essere scrocchiarella, mentre perché la seconda possa essere piegata a portafoglio dovrà necessariamente essere più morbida e idratata.

Parleremo delle differenze tra gli stili più avanti, ma quel che mi preme oggi in questa seconda puntata della rubrica I cinque sensi è trovare un denominatore comune per rappresentare, appunto, una buona pizza, qualsiasi essa sia. Continue reading “Come riconoscere una buona pizza”